"La fatica non è mai sprecata: soffri ma sogni" - Pietro Mennea

Dopo aver trattato l'importanza della sensazione di piacere nella fase di allenamento, durante un processo di Coaching Strategico è altrettanto indispensabile lavorare sulle altre nostre sensazioni di base: rabbia, dolore e paura se non gestite al meglio possono essere decisamente insidiose in gara, ma guidate nella giusta direzione diventano preziose alleate verso il successo.

La paura ci rende attenti, pronti a scattare molto più rapidamente di quanto non si riesca a fare quando ragioniamo troppo sulla prossima mossa da fare.
La rabbia ci dà l'energia e la forza necessaria per essere combattivi, fino all'ultimo metro e goccia di sudore.
Il dolore ci mette in allarme di fronte a potenziali infortuni, e sviluppa la nostra capacità di essere resilienti di fronte alle delusioni ed alle sconfitte; è indispensabile diventare più forti imparando a sopportare il dolore durante gare e allenamento, ma è altrettanto essenziale comprendere quando insistere troppo nella pratica sportiva con la sola forza di volontà possa produrre danni fisici o psicologici che porteranno a prolungati periodi di stop, o addirittura alla scelta di ritirarsi dalle competizioni.

PAURA

Un livello moderato di paura, e di relativa ansia fisiologica, permette di affrontare la competizione al meglio, senza sottovalutare gli avversari, rendendo l'azione dell'atleta più rapida ed efficace.
In particolare negli sport di combattimento la paura di ricevere un colpo produce una risposta di difesa o parata automatica che scatta nel giro di millesimi di secondo. Ad agire è il paleoencefalo, la parte più antica del nostro sistema nervoso, perfezionato da migliaia di anni di evoluzione; il suo funzionamento avviene al di sotto del livello di coscienza ed è decisamente più rapido della neocorteccia, sede delle funzioni cognitive superiori. Questo spiega per quale motivo un eccessivo ragionamento in gara non sia di aiuto nell'aumentare la propria prestazione, specialmente in discipline dove il gesto atletico è esplosivo e richiede azioni rapide in pochi secondi.

L'ansia mal gestita se supera una certa soglia può diventare un freno per la prestazione, o persino un blocco patologico che la rende impossibile.
In tali casi attraverso un percorso di Coaching Strategico vengono proposti esercizi come la "peggiore fantasia", che consentono di bloccare l'escalation di ansia patologica, riportando la paura ad un livello più naturale che prepara all'azione invece di inibirla.

RABBIA

La rabbia può a volte diventare un pesante ostacolo da superare per la maggior parte degli atleti, ma se ben guidata può essere fondamentale per la vittoria.
Durante i Masters del 2011, uno dei quattro tornei major di golf più importanti al mondo, Rory McIlroy era in vantaggio di quattro colpi sugli avversari nella quarta giornata decisiva; si trattava di un vantaggio netto, ma che non metteva al sicuro la vittoria, essendo il golf una disciplina nella quale, vista l'assoluta precisione richiesta, anche la più piccola pressione psicologica può rendere i colpi del tutto impossibili da realizzare.
Arrivato alla buca 10 realizzò un triplo bogey, seguito da un doppio bogey alla successiva: nel giro di pochi minuti le telecamere che lo avevano accompagnato per i tre giorni precedenti come un vincitore erano tutte puntate sui suoi avversari, pronti a sfruttare quegli errori a proprio vantaggio: McIlroy perse clamorosamente il torneo dopo essere stato in testa per tre giorni di fila.
Dopo solo due mesi vinse lo U.S Open con ben 8 colpi di vantaggio su Jason Day.
Ai giornalisti che gli chiedevano come avesse fatto a recuperare così rapidamente dopo una scottante delusione come quella del Masters rispose che era stato in grado di vincere proprio grazie alla frustrazione e rabbia per quella sconfitta: invece di prendersela con sé stesso o con la stampa che l'aveva pesantemente criticato, il suo obiettivo era diventato quello di dimostrare a tutti di essere un vero vincente.

Qui potete vedere una parte dell'intervista rilasciata alla CNN dopo la vittoria.

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Nel libro Risorgere per Vincere il campione di sciabola Aldo Montano racconta la sua ascesa durante i Campionati mondiali di Catania del 2011.
In passato aveva avuto non pochi problemi di gestione della rabbia, con ripetuti litigi con i direttori di gara e gli avversari, e nel 2007 era anche stato squalificato con cartellino nero per essersi buttato addosso ad un arbitro.
L'atleta aveva in seguito effettuato un percorso di Coaching Strategico con il Prof. Giorgio Nardone, che lo aveva accompagnato per tutta la preparazione della competizione, e si trovava ad affrontare in finale il tedesco Nicolas Limbach da una posizione sfavorita, essendo infortunato.

Arrivato ad un punto dalla vittoria l'avversario iniziò una rapida rimonta; Aldo cominciò a pensare con terrore alla figuraccia in arrivo di fronte ai propri sostenitori, e continuò a prendere colpi su colpi.
Dopo l'ennesimo punto portato a segno Limbach commise l'errore di girarsi verso il pubblico che continuava a incitare l'italiano invitandoli a gridare più forte, come per dire che tanto avrebbe vinto lo stesso.
Questo gesto scatenò una sana reazione di rabbia in Aldo, che non sopportò che l'avversario stesse cercando di fare il furbo a casa sua, di fronte al suo pubblico: doveva assolutamente rimetterlo in riga e sconfiggerlo.
La rabbia questa volta ben gestita gli fece recuperare concentrazione e determinazione e portò via i pensieri di fallimento: invece di attaccare subito in maniera diretta scelse di mantenere la calma rallentando l'assalto, attese il suo avversario, per poi attaccare al momento giusto e colpirlo.
Riuscì così a chiudere il duello, conquistando il titolo mondiale.

DOLORE

Il dolore se accolto e affrontato decanta col tempo, diventando meno acuto e più sopportabile, e ci rende più forti: è dimostrato scientificamente che ripetuti dolori non ci indeboliscono, ma sviluppano resilienza, ossia la capacità di resistere agli urti della vita. Questo vale sia per il dolore fisico che per quello mentale.
Nella pratica delle arti marziali i maestri orientali irrobustiscono le mani colpendo abitualmente bersagli rigidi, fino a provocare microfratture, che guarendo porteranno a renderle forti come pietre.
Allo stesso modo persone che lavorano abitualmente nell'ambito dei servizi di emergenza col tempo si abituano ad affrontare situazioni nelle quali morte e feriti sono ben presenti, e affrontando tutto questo diventano capaci di rimanere lucidi e proseguire nei soccorsi anche nelle situazioni più drammatiche.

Caratteristica comune dei veri campioni è avere la capacità di accettare e passare attraverso sconfitte anche molto dolorose, per poi ritornare in alto. Molti grandi atleti sono stati aspramente criticati proprio per la mancanza di questa qualità, come nel caso di Ronda Rousey, campionessa UFC che dopo una serie di ben 12 vittorie lasciò le competizioni a causa di due catastrofiche sconfitte, dalle quali non riuscì più a riprendersi.

Come diceva ai propri giocatori di Football il coach Vince Lombardi: "non conta se finisci per terra, conta se ti rialzi".

Un altro modo per gestire il dolore utilizza una caratteristica adattiva ben radicata in ognuno di noi: ricordiamo più facilmente eventi a forte carica emotiva, sia positiva che negativa.
Riconoscere e accettare un grave errore commesso durante una gara o allenamento, senza alibi o scusanti, per quanto sul momento bruci e sia doloroso ci rimarrà impresso nella mente come un marchio a fuoco, e questo aiuterà a non commetterlo di nuovo.
Si tratta di un tipo di esperienza che impariamo fin da piccoli: le mamme spiegano in tutti i modi ai figli che non devono toccare il fuoco, ma prima o poi questi avranno la curiosità di avvicinare il dito alla fiamma; sarà solo dopo essersi scottati la prima volta che se ne terranno ben lontani.
In allenamento invece di sforzarsi di perfezionare soltanto i propri punti di forza occorre andare a cercare gli errori più nascosti, guardandoli a viso aperto, anche quando fa male doverli accettare.
Eliminare i propri punti deboli rende più forti, trascurarli li fa peggiore e ci indebolisce: una catena è forte quanto il suo anello più debole.

Non possiamo vivere l'allenamento e la competizione in una maniera puramente razionale, senza provare emozioni: essendo parte della nostra natura ogni tentativo di soffocarle o ignorarle non porta ad aumentare il nostro controllo su di esse, ma paradossalmente le rende più forti e pungenti.
Possiamo o esserne travolti, oppure allenare quotidianamente la capacità di utilizzarle come alleate per vincere: un surfista non ha il potere di frenare la forza delle onde, ma può imparare a cavalcarle per andare ancora più veloce.

"Nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio. Se si fa una cosa apertamente, si può anche soffrire di più, ma alla fine l’azione sarà più efficace. Chi ha ragione ed è capace di soffrire alla fine vince." - Mahatma Gandhi

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" Grazie al Coaching Strategico accompagno l'atleta o l'allenatore nello scoprire quali siano i limiti e le difficoltà mentali ed emotive durante le gare o l'allenamento, quali soluzioni stiano funzionando e quali siano invece da evitare, e costruiamo insieme un percorso di crescita personale su misura per le sue capacità, necessità e obiettivi da raggiungere. "