" Nell’elaborare una strategia è importante riuscire a vedere le cose che sono ancora distanti come se fossero vicine ed avere una visione distaccata delle cose che, invece, sono più prossime. " Miyamoto Musashi

Molti esperti di arti marziali che competono in gare nelle quali si combatte contro un avversario hanno la tendenza ad allenarsi cercando di migliorare costantemente quel che riescono a fare meglio, e che risulta più funzionale nel guidare il combattimento verso la vittoria.
Se è vero che può funzionare nella maggior parte dei casi, questo può anche diventare una trappola, e costituisce un limite che a volte in determinate situazioni rende impossibile il successo.

Migliorare quel che consideriamo un nostro punto di forza ci offre una sensazione di sicurezza: sentiamo che abbiamo un'arma ben affilata dalla nostra parte, ed essendo qualcosa che padroneggiamo agilmente migliorarla diventa un percorso più agevole e naturale. Viceversa fare i conti con i nostri limiti o punti deboli richiederebbe di fare i conti con la brutta sensazione di frustrazione e incapacità.
Questo vale sia per un singolo colpo o movimento, sia per una tecnica o una strategia complessiva di gestione di un incontro.
In passato abbiamo visto molti campioni di boxe dotati di un jab sinistro fulmineo, oppure un diretto destro molto potente.

Nelle arti marziali tradizionali ogni praticante si trova di fronte a dover affrontare varie tipologie di avversari, da quelli che prediligono attacchi forti e veloci, a quelli che tendenzialmente stanno sulla difensiva e attendono un passo falso per attaccare.
Sfortunatamente il prediligere un certo stile di combattimento diventa cosa ben nota anche agli avversari, che una volta compreso quel che faremo, saranno pronti ad agire per trarne vantaggio.
Si tratta di un principio ben noto anche in UFC, dove difficilmente si potrà sorprendere e mettere in difficoltà un avversario usando lo stesso modo di gestire l'incontro ad ogni round: se si sceglie di attaccare solo e soltanto cercando un atterramento, già dopo il primo round l'avversario si aspetterà questo e agirà di conseguenza per impedircelo.
Inoltre se si tratta di una propria strategia ben nota e già utilizzata da noi in passato, l'allenatore del nostro rivale lo avrà già adeguatamente allenato con tutte le contromosse per arginarla.
Occorre saper spiazzare l'avversario utilizzando improvvisamente una strategia di attacco che non si aspetta da noi, ad esempio tornando a colpire velocemente dalla distanza, meglio ancora se questo lo porta in un territorio nel quale per via dei propri punti deboli ha più difficoltà a contrattaccare.

Nello storico incontro di boxe tra Mike Tyson e Evander Holyfield nel 1997 quest'ultimo scelse di tenere a distanza con colpi rapidi il suo più forte avversario nella corta distanza, andando continuamente in clinch ogni volta che Tyson cercava di arrivare ad una distanza per lui ideale per colpire in maniera esplosiva.
Come conseguenza Tyson si trovò in un terreno per lui sfavorevole, per altro di fronte ad un avversario più alto di lui, e incapace di cambiare strategia di gestione dell'incontro alla fine fu sopraffatto dalla frustrazione, tanto da arrivare durante l'ennesimo clinch al famoso morso sull'orecchio che gli costò la sconfitta per squalifica.

Saper padroneggiare un ampio numero di strategie differenti consente di poter utilizzare quella più adatta per contrastare più tipologie di avversario, e ci permette di sorprenderlo essendo meno prevedibili.
Ma soprattutto eleva la prestazione, perché porta a migliorare i nostri punti deboli, che altrimenti verrebbero facilmente sfruttati dagli avversari.
Lasciare poco allenato quel che è per noi più difficile da allenare equivale ad esercitare con i pesi solo una parte del corpo: l'altra sarà visibilmente più debole, ed è lì che l'avversario andrà a colpire.
Non è un caso ad esempio che avversari molto forti e resistenti in particolare nel busto vengano attaccati di preferenza alla gambe.

Si tratta di un principio ben noto anche in ambito musicale: un batterista per aumentare la velocità di esecuzione, che dipende dalla sincronia dell'arto destro e sinistro, a meno di non essere ambidestro dedicherà abitualmente il doppio degli esercizi per l'arto più debole.

Un cambiamento di strategia è inoltre fondamentale in determinate situazioni, spesso indipendenti dalla nostra volontà, nelle quali occorre affrontare una emergenza, come nel caso degli infortuni o dei cali di forma fisica.

Nel libro " Risorgere e vincere: Una storia di talento, tecnica e strategie mentali - di Giorgio Nardone, Aldo Montano, Giovanni Sirovich - Ponte alle Grazie 2012 " viene presentato il percorso di Coaching Strategico utilizzato per guidare il noto campione di sciabola Aldo Montano verso la vittoria del Campionato Mondiale del 2011, nonostante un grave infortunio mettesse in discussione la partecipazione alla competizione.

Fin da piccolo il maestro russo Viktor Sidjak aveva concentrato tutto l'allenamento sul potenziare la sua difesa, tanto che Aldo Montano racconta che fino a diciotto anni non sapeva cosa fosse l'attacco.
Aveva sempre considerato la difesa il proprio punto di forza, nonostante la sua tecnica di attacco fosse giudicata perfetta dagli altri atleti; lo stesso commissario tecnico Giovanni Sirovich aveva ben chiaro che le sue più importanti vittorie fossero state realizzate in passato in attacco.
Questo dimostra quanto l'abitudine a cercare sicurezza in quello che consideriamo un punto di forza possa diventare un limite: nonostante queste considerazioni basate su fatti empirici, Aldo Montano continuava a percepire la strategia in difesa come la propria alleata principale per vincere.

Dovendo affrontare la fondamentale sfida del Mondiale da infortunato, diventò evidente che il suo abituale modo di tirare in pedana fosse impossibile da attuare, a meno di non sollecitare la caviglia posteriore infortunata con sforzi ancora maggiori, peggiorando ulteriormente l'infortunio e costringendolo ad un ritiro prima della fine della competizione.

Attraverso il lavoro di Coaching Strategico portato avanti dal Prof. Giorgio Nardone, e grazie all'attiva collaborazione del commissario tecnico Giovanni Sirovich presente durante le sessioni di coaching, venne elaborata una nuova strategia più improntata verso l'attacco, in modo da caricare in maniera minore la gamba posteriore.
Si trattava di superare i limiti imposti dall'infortunio andando a migliorare quel che era utilizzabile, ma che al momento era stato sempre considerato come secondario durante la preparazione precedente.
Va inoltre sottolineato che gli avversari proseguirono la propria preparazione aspettandosi da Aldo il consueto atteggiamento difensivo durante gli assalti, e salire in pedana con una strategia inaspettata diventava per lui una risorsa in più da sfruttare a proprio vantaggio.

Nei mesi precedenti alla competizione si scelse di portare avanti un allenamento il più possibile dal punto di vista mentale, evitando di tirare in palestra, per consentire alla caviglia di non aggravare l'infortunio ai legamenti: anni di allenamento avevano già costruito tutti gli automatismi necessari da utilizzare in gara, occorreva solo dargli la direzione giusta verso una strategia efficace, nel rispetto dei limiti fisici attuali.

Il cambio di strategia, unito ad un allenamento specifico dal punto di vista mentale attraverso il Training Immaginativo utilizzato in Scienza della Performance, consentirono ad Aldo Montano di vincere il Campionato Mondiale del 2011.

I nostri limiti possono essere o subiti come un peso che ci frena, o gestiti per trasformarli in una energia che ci porterà a volare più in alto: lavorare costantemente nel migliore i punti deboli consente di aumentare le nostre possibilità di scelta, che diventeranno un'arma formidabile da utilizzare durante le competizioni che contano.

Sun Tzu, generale e filosofo autore del più importante trattato di strategia militare, nell'Arte della Guerra scriveva: " I tuoi piani siano oscuri e impenetrabili come la notte, e quando ti muovi cadi come un fulmine a ciel sereno."

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" Grazie al Coaching Strategico accompagno l'atleta o l'allenatore nello scoprire quali siano i limiti e le difficoltà mentali ed emotive durante le gare o l'allenamento, quali soluzioni stiano funzionando e quali siano invece da evitare, e costruiamo insieme un percorso di crescita personale su misura per le sue capacità, necessità e obiettivi da raggiungere. "

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