"Una vita passata ad allenarsi per correre solo dieci secondi" - Jesse Owens

Sudore, lacrime e sangue sono gli ingredienti indispensabili per arrivare al successo sportivo, e qualsiasi atleta impara ben presto che è impossibile non averli come compagni durante il proprio cammino: sudore poiché l'allenamento è faticoso, lacrime perchè è spesso doloroso, sangue poiché occorre fare sacrifici personali anche molto gravosi per arrivare a vincere.

Paura, rabbia, dolore e piacere sono croce e delizia di ogni percorso di preparazione ad una gara o competizione.
Possiamo o imparare a gestirle utilizzandole come risorse, o subirne gli effetti, spesso pregiudicando o rendendo del tutto impossibile la vittoria.

Apparentemente potrebbero sembrare tre emozioni negative ed una sola positiva: tendenzialmente infatti percepiamo paura, rabbia e dolore come sensazioni fastidiose o spiacevoli, e ci sforziamo di ridurle o evitarle con una serie di soluzioni più o meno funzionali. Al contrario siamo sempre ben disposti nel proseguire in attività per noi piacevoli.
In realtà si tratta di emozioni del tutto naturali, radicate da migliaia di anni nel nostro sistema nervoso più antico, e dunque non essendosi estinte nel tempo per un processo di selezione naturale hanno funzioni per noi utili e adattive, sebbene sul momento possano essere percepite come sgradevoli.
La paura ci aiuta a stare allerta e individuare i pericoli.
La rabbia ci dà energia per difenderci dai nemici e consente di superare ostacoli anche molto difficili da affrontare.
Il dolore ci segnala in pochi istanti che qualcosa ci sta danneggiando, spingendoci ad agire per proteggerci.

Ogni atleta che vuole puntare in alto si trova molto rapidamente faccia a faccia con queste emozioni, e i veri campioni sono in grado di trasformarle in preziosi compagni di viaggio verso il successo.
Se è chiaramente evidente quanto sia importante il piacere derivante dalla vittoria per motivare allo sforzo necessario per ottenerla, è invece meno nota l'utilità di questa sensazione in fase di allenamento.

Il piacere che deriva dal miglioramento personale e dal successo ci fa desiderare di arrivare in alto e vincere, e rende anche l'allenamento più duro maggiormente sopportabile, spingendoci al sacrificio per superare i nostri limiti: tagliare finalmente per primi il traguardo fa scorrere via di colpo tutta la tensione, veniamo travolti da una profonda gioa, e questo ci ripaga dei tanti sacrifici fatti per arrivare in alto.
I moderni studi in ambito di scienza della performance hanno dimostrato come non necessariamente un duro allenamento ripetuto con costanza sia sempre efficace nel migliorare la propria prestazione: come ogni soluzione portata avanti all'estremo, stringere i denti e resistere alla fatica può a volte persino essere controproducente per l'allenamento stesso.
Questo a livello fisico è ben noto: stressare troppo il corpo con allenamenti estenuanti, senza pause o riposo, conduce inesorabilmente nel migliore dei casi ad arrivare in gara con poca energia, e nel peggiore a bloccarsi o infortunarsi.
Ma il blocco peggiore arriva a livello mentale, specialmente quando un atleta deve imparare una nuova tecnica, oppure vuole perfezionarne una già conosciuta.

Molti progressi avvengono in maniera graduale, e richiedono naturalmente del tempo per essere consolidati. Insistere nel bruciare le tappe con allenamenti estenuanti porta la nostra mente a sviluppare frustrazione verso l'esercizio che stiamo facendo, e di conseguenza rabbia e avversione nel proseguire; più si insiste, più questa avversione cresce.
Sviluppare avversione verso un movimento o una tecnica è il modo migliore per ostacolarne l'apprendimento.
Fenomeno comune in molti sport, quando l'atleta frustrato, invece di usare la rabbia come mezzo per avversare quel che non sta funzionando, finisce per prendersela con sè stesso dandosi dell'incapace, o arriva a spaccare per terra la racchetta che gli è indispensabile per giocare.

Ricercare il movimento perfetto con una rigida analisi razionale, con incessanti ripetizioni e controllando troppo quel che si sta facendo, è qualcosa di non naturale che spesso va a ostacolare l'esecuzione corretta.
Si tratta di un effetto paradossale ben noto: più un calciatore si concentrerà per tirare il miglior rigore possibile, ragionando troppo prima di tirarlo su come colpire perfettamente la palla, più è probabile che il tiro finisca fuori dallo specchio della porta.
Al contrario qualora si senta il piacere di aver finalmente effettuato quel gesto atletico nella maniera giusta, maggiore sarà il desiderio di riprovare quel piacere: la sensazione ci guida verso l'esecuzione ottimale.
Lavorare sulla sensazione piacevole del movimento corretto aiuta la nostra mente a memorizzare ed eseguire di nuovo quel che rende quel movimento più fluido, armonioso e naturale.
I movimento scorretti, che sbilanciano o rendono più complicati le nostre azioni ci daranno una sensazione meno piacevole o persino sgradevole, che sarà utile riconoscere per avversarli ed eliminarli progressivamente.

In questo breve video possiamo osservare un Maestro Shaolin insegnare un backflip ad un allievo, aiutandolo a sentire sia la sensazione del movimento corretta, sia quella di sbilanciamento, ed in pochi minuti lo corregge e lo porta ad eseguirlo correttamente.

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Per allenarsi in maniera efficace occorre fare ripetizioni fino ad arrivare alla sensazione piacevole dell'esecuzione corretta.
Una volta percepita è opportuno prendere una pausa o passare ad un altro esercizio, in modo da assimilarla al meglio, per poi tornare in seguito a ricercare quella stessa sensazione eseguendo di nuovo l'esercizio.
Come sanno bene i musicisti, dedicare brevi spazi durante la giornata all'esecuzione di un passaggio complicato funziona come richiamo di quella piacevole sensazione di successo, che va a potenziare ulteriormente quanto appreso durante lo spazio giornaliero di studio dello strumento.
Inoltre passare da un esercizio più gravoso ad uno più accessibile aiuta ulteriormente a sentire l'allenamento come piacevole, e non come un puro sacrificio, lo rende più desiderabile e lo fa affrontare con una mente più capace di apprendere, migliorando la prestazione quando si tornerà agli esercizi più complessi.
In ambito militare i piloti di jet alternano esercitazioni di rifornimento in volo, più difficile e complicato, al volo in formazione, che richiede meno precisione, e passando da l'uno all'altro notano progressivi miglioramenti in ambedue le attività: il rifornimento in volo, anche se all'inizio impossibile da eseguire fino in fondo, rende più semplice il volo in formazione, e quest'ultimo una volta migliorato consente di essere più precisi per riuscire a completare il rifornimento.

A livello mentale concedersi spazi piacevoli al fuori dell'allenamento è essenziale, e consente di recuperare le energie necessarie per proseguire, evitando il rischio di bloccarsi; come sanno i piloti di Formula Uno fermarsi ai box per fare rifornimento non rallenta, ma anzi diventa una sosta indispensabile per riuscire a vincere la gara.
Coltivare attività o interessi che vanno al di là dello sport o del lavoro genera un maggior equilibrio psicologico personale.
Il semplice riposo non è infatti sufficiente per dare sollievo alla mente affaticata: benché sia una soluzione valida per il corpo, che recupera le forze evitando l'esercizio fisico in determinati giorni della settimana, trascorrere troppo tempo senza concedersi attività piacevoli tende a deprimere e ridurre la nostra voglia di essere attivi e costruttivi nella vita.

Come ricordava Friedrich Nietzsche: "senza piacere non vi è vita; la lotta per il piacere è la lotta per la vita".

Molti grandi artisti e intellettuali del passato hanno utilizzato con successo il piacere come strumento per elevare la performance.
Leonardo da Vinci quando avvertiva difficoltà nell'essere creativo era solito prendersi pause giocando a palla, e questo gli consentiva di tornare alle sue opere più agevolmente.
Massimo Troisi quando doveva preparare un nuovo film si concedeva lunghe settimane di vacanza in Africa, insieme agli amici che amava, e spesso le prolungava fino a che non trovava l'idea giusta per completare la sceneggiatura.
Il calciatore Alexis Sánchez ha la passione per il pianoforte, e al suo arrivo al Manchester United in un famoso video suonò personalmente l'inno dei Red Devils.

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Saper alternare tra momenti di allenamento sui propri punti deboli, altri nei quali si perfeziona quel che è già appreso, ed altri ancora nei quali coltiviamo quel che amiamo fare al di fuori dello sport, è una agile danza che rispetta i tempi e le esigenze della nostra mente e del nostro corpo, e assicura quell'equilibrio necessario per affrontare le dure sfide della preparazione alle gare più importanti.

Nell'imparare a gestire le nostre emozioni, come quando si vuole domare un cavallo selvaggio, inizialmente è difficoltoso tenerlo a bada, occorre cadere e sapersi rialzare più volte, ma alla fine, quando ci riusciremo, proveremo finalmente il piacere di poterlo cavalcare, veloci come il vento.

"C’è un circolo virtuoso nello sport: più ti diverti più ti alleni; più ti alleni più migliori; più migliori più ti diverti" - Pancho Gonzales

Per approfondire la gestione di paura, rabbia e dolore leggi anche: L'atleta emotivo: Come utilizzare paura, rabbia e dolore come alleate durante le competizioni sportive

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" Grazie al Coaching Strategico accompagno l'atleta o l'allenatore nello scoprire quali siano i limiti e le difficoltà mentali ed emotive durante le gare o l'allenamento, quali soluzioni stiano funzionando e quali siano invece da evitare, e costruiamo insieme un percorso di crescita personale su misura per le sue capacità, necessità e obiettivi da raggiungere. "